Saturday, March 21, 2009

Civita' di Bagnoregio e Il Deserto dei Tartari

Slow food is a movement in Italy to counteract the fast food habits of Americans. Slow "lento" has become the buzzword for many derivative movements, like, Slow foot for going off the beaten track and enjoying small villages, local paths and the like. What follows are the musings of one such wander. Civita' is 18km from Orvieto and is now an artists' colony with great restaurants for slow food! The comparison with the famous Desert of the Tartars is provocative.

Slow foot di Andrea Dusio

Le vostre cose tutte hanno lor morte / sì come voi; ma celasi in alcuna / che dura molto, e le vite son corte Dante - Paradiso, XVI, 73

CIVITA DI BAGNOREGIO --http://www.borghitalia.it/html/borgo_it.php?codice_borgo=445

in video: http://video.google.com/videoplay?docid=5177290877839396746,

Manco da tanti anni da Civiata di Bagnoregio e mi piace pensare che nulla sia cambiato, nel "paese che muore". È un piccolo borgo sospeso su di un dente di argilla pochi palazzetti tufacei, circondati da uno zoccolo di quelle case tipiche della Tuscia, che ricordano un castello di sabbia troppo ben fatto per essere uscito dalle nostre mani. Bagnoregio è la Bam italica, l'equipollente della mitica città del deserto iraniano rasa al suolo da un terribile terremoto qualche anno fa, e però consegnata alla nostra memoria dalle abbacinanti riprese di Valerio Zurlini ne Il deserto dei Tartari. Qualcosa, una forza enormemente più lenta e pure egualmente inesorabile, sta radendo al suolo anche Civita. A scadenza puntuale, ogni dieci-vent'anni, un po' di paese scivola a valle: un paio di case, un orto, un vetusto tratto di mura. Si crea immediatamente uno stato di allarme generale, i giornali ne parlano da Sorano sul Cimino a Otricoli, a volte le voci della catastrofe immanente arrivano sino ad Amelia, a Deruta, altro luogo che ha la rovina persino nel nome. Poi non succede più niente. Qualcuno ne dedurrebbe che Civita è viva e vegeta. E a uno sguardo di superficie è davvero così: quella trottola di case appesa al filo sottilissimo di un ponte pedonale, e per il resto del tutto divisa dal mondo, soffre dello stesso mirabile cimurro di Calcata, Bussana Vecchia, Pitigliano, Pentedattilo e mille altri luoghi d'Italia che pure ci sopravvivranno, dacché la malattia che sembra corroderli è il medesimo smalto refrattario che in apparenza li mantiene inalterati. Il nostro resta però solo un problema di presbiopia: è talmente schiacciato il tempo delle nostre vite, che ci nega la comprensione di tutte quelle consunzioni la cui durata fatalmente ci supera.
Giudizio Universale, feb. 08


Il deserto dei Tartari - libro - di Dino Buzzati - "Dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o scriva, io perseguo il medesimo scopo: quello di raccontare delle storie". http://toninopintacuda.wordpress.com/2006/12/23/buzzati-il-deserto-dei-tartari/

Relazione del libro - commento - Il deserto dei Tartari assume il suo pieno significato solo se interpretato come riflessione sul senso fondamentale della vita e della storia umana. Il pensiero dello scrittore è profondamente pessimista: l’esistenza trascorre guidata da forze oscure e spesso malevole, da bizzarre e assurde coincidenze. http://www.atuttascuola.it/relazioni/deserto_dei_tartari.htm


E il suo film : trailer - http://www.youtube.com/watch?v=O2IQ4LZMOPs

It is food for thought.

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